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Pinkwashing: quando il femminismo è solo una trovata di marketing

 

Oggi, si sa, il femminismo va di moda. Lo ritroviamo nei testi della canzoni, film dedicati all’ argomento e anche per portare avanti una campagna pubblicitaria sembra la scelta vincente per ottenere successo.
Ma, ahimè non è sempre così, perchè se non c’è un reale messaggio dietro si rischia di finire nel cosiddetto fenomeno del pinkwashing, ovvero una “lavata in rosa” che peró risulta essere poi priva di contenuti.

Con questo non stiamo dicendo che ogni pubblicità volta a promuovere un messaggio in favore delle donne sia in realtà artefatta, alcuni esempi anzi ci indicano perfettamente quale sia la strada giusta per portare avanti messaggi femministi: la @nike ad esempio ci insegna ormai da tempo che comprare un completo sportivo non significa soltanto intraprendere una strada per dimagrire ma può essere un modo per renderci più forti, più sicure di noi stesse; @dove ancora, che dal 2004 porta avanti il progetto “Bellezza Autentica” che mira all’accettazione delle donne.

Ma, non tutto è oro quello che luccica. Insieme ai progetti sopra elencati, riuscitissimi, ce ne sono altri che invece hanno soltanto la parvenza di femminismo: è il caso di MYA, una clinica londinese che qualche anno fa ha realizzato una campagna pubblicitaria con l’intento di promuovere la chirurgia al seno, infilandoci dentro un testo che recitava così: “Sheriffa è una femminista, e si è sottoposta alla chirurgia estetica”. Vedete come il tutto stoni tanto e soprattutto non ci sia proprio coerenza con le due cose.

Un altro esempio eclatante viene poi dal re del pollo fritto KFC, il quale nel 2010 annunciò con Komen associazione per la lotta al cancro al seno. I secchielli del pollo fritto tipici del brand, per l’occasione si tinsero di rosa e fu deciso che i ricavati sarebbero stati destinati alla fondazione.

La campagna raccolse miglia di euro quando alla fine venne fuori che in realtà KFC aveva già donato la sua parte, indipendentemente dai ricavi delle vendite. Inoltre, ciò che risultò stucchevole fu che la campagna stessa era stata promossa da una catena di fast food specializzata nella produzione e nella vendita di pollo fritto, un cibo tipicamente ricco di grassi che rientra tra i principali responsabili dell’obesità, patologia che, a sua volta, può aumentare il rischio di avere un cancro.

Insomma, vedete come non sia sempre così facile ed ovvio fare del proprio messaggio un qualcosa di intrinseco al progetto stesso e che quindi molto spesso si incappi in veri e propri scivoloni su vernice rosa!

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